Lino Monchieri (Brescia, 1922-2001) Maestro, scrittore, testimone di pace e libertà

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A cento anni dalla nascita, la figura di Lino Monchieri rappresenta ancora oggi l’esempio di un laicato speso a servizio dell’altro. Mosso da una grande passione educativa, fu insegnante e scrittore. Una figura poliedrica, che visse la tragedia della deportazione nazista, e che tuttavia mantenne fino all’ultimo – alla luce del messaggio evangelico – uno sguardo profondamente umano sulla realtà, lo sguardo di un testimone credibile e credente.

Nella Brescia del primo dopoguerra
Il 19 febbraio di quest’anno cade il centenario della nascita di Lino Monchieri. Di ceto popolare, crebbe a Brescia, in un contesto segnato dalla presenza cattolica, che voleva dire, innanzitutto, la parrocchia. Sin da ragazzo, la sua fervida fantasia, alimentata da forte passione per la lettura, si manifestò con la stesura di racconti e novelle, messe in scena per i coetanei.
Intrapresi gli studi magistrali, il suo percorso formativo registrò due esperienze importanti. La prima fu l’inserimento nell’oratorio di S. Maria della Pace, dei Filippini, l’ambiente educativo più rinomato della città. Ciò consentì a Lino di allargare gli orizzonti oltre il confine parrocchiale. L’educazione filippina, pur con indiscutibili pregi (spirito di letizia, operosità, tensione cristocentrica), replicava però prassi pedagogico-spirituali correnti. «Un’ubriacatura di esercizi, corsi, tridui, [...] lezioni e catechismi, comunioni e ricorrenze», scriveva Monchieri, sopportate solo «in vista del “cinema”» (il film della domenica, centro delle sue attese). Alla “Pace” si ritrovò con il compagno delle magistrali Emiliano Rinaldini, amico tra i più cari, su cui torneremo.

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