Gérard Philips. Il teologo conciliare

di 
Antenna sensibile del movimento ecclesiale del XX secolo, Gérard Philips è stato l’uomo della provvidenza che ha permesso la redazione della Lumen gentium. Il suo proverbiale equilibrio gli consentì di mettere in contatto forze opposte che rischiarono la frattura. Testimone di una teologia ascetica, non si è mai vantato del suo contributo, convinto che il lavoro del teologo è di fare onestamente il proprio mestiere.
 

Il nome di Gérard Philips è inscindibile dalla Lumen gentium, di cui fu l’apripista e il segretario-redattore. Tuttavia, benché non godesse della fama di altri colleghi più illustri, egli non giunse al Vaticano II da sconosciuto1. Nato il 29 aprile del 1899 a Saint-Trond, nella zona fiamminga del Belgio, fece gli studi filosofici nel seminario di origine (1917-1919) e proseguì la teologia a Roma presso la Pontificia Università Gregoriana. Qui trovò un insegnamento restauratore, condizionato dal clima antimodernistico, e molto distante dalle imprese della scuola romana. Ciò non gli impedì di acquisire un metodo che univa la ricerca storico-positiva al rigore speculativo, con maestri del calibro di padre Maurice de la Taille. Completato il percorso accademico nel 1925, divenne magister difendendo la tesi La raison d’être du mal d’après saintAugustin che, oltre alla capacità di scavo, mostra pure le doti di una particolare chiarezza espositiva.

Dopo una breve docenza nella città natale, fu nominato nel 1927 professore del dogma al seminario maggiore di Liegi, dove restò fino al 1944, perfezionando la metodologia e dando inizio alle prime pubblicazioni. Si occupò di pastorale, svolgendo l’attività di assistente dell’Azione cattolica, carica che loaccompagnerà praticamente per tutta la vita, e che spiega la particolare natura di alcuni suoi scritti. Nel 1942 giunse la nomina alla cattedra di dogmatica dell’Università di Lovanio, con un retroscena illustrativo della sua personalità: il cardinale Joseph-Ernest van Roeylo lo volle in funzione mediatrice tra un insegnamento troppo spinto e un altro rigidamente tradizionale. La militanza nell’Azione cattolica, insieme a una competenza specifica della sua produzione, lo vide protagonista di due congressi mondiali per l’apostolat  dei laici (1951 e 1957): iniziative non trascurabili, che gettarono le basi della concezione conciliare sul laicato.

Nel 1953 fu chiamato a succedere a monsignor Pietre Broekx come senatore del parlamento belga, carica che conservò fino al 1968. L’esperienza gli fu utile per apprendere l’arte della negoziazione, e tra i padri conciliari era diffusa l’opinione che avesse “la stoffa del presidente”. Dopo il Concilio e il ritiro dalla docenza, svolse la principale attività dell’interprete, esercitando ancora ruoli attivi al primo sinodo dei vescovi e nella Commissione teologica internazionale, cui contribuì a gettare le basi e di cui fu primo segretario, fino alla vigilia della morte, avvenuta per crisi cardiaca il 14 luglio 1972.

La Santa Chiesa Cattolica

La bibliografia di Gérard Philips è definita dai suoi biografi «abbondante» ma, se si eccettua il commento alla Lumen gentium, non si può dire che sia molto famosa. L’insegnamento gli permise di scrivere sui principali trattati del dogma. Vi si trova una costante attenzione al tema della grazia, sviluppata in prospettiva trinitaria2, ma il centro gravitazionale è l’ecclesiologia, con sviluppi verso la pneumatologia e la mariologia. La prima opera significativa fu La Santa Chiesa Cattolica, con la prefazione del vescovo di Liegi, Louis-Joseph Kerkhofs, che scrive: «L’opera dimostra in modo palese che la Chiesa non è una fredda istituzione storica, un vestigio del passato e neppure una realtà astratta, un insieme di prescrizioni giuridiche e morali. No, la Chiesa è viva. È il Cristo che non muore più, e, come Lui, è di tutti i tempi. Lo Spirito che è in essa, e la anima, non invecchia. Con forze sempre rinnovate, le dà una giovinezza che non conosce declino»3.

Il saggio comprende quindici capitoli, e ha il carattere misto del De Ecclesia preconciliare: apologetico e dogmatico. La sua lettura si rivela perciò interessante anche per capire il passaggio del trattato, nel metodo, nei contenuti e nel linguaggio. Originale, benché di reminiscenza guardiniana, è il primo capitolo, dedicato a L’ideale comunitario, per il posto che occupa e la volontà di partire da un principio antropologico: il rapporto tra individuo e collettività. Temi innovativi sono la comunione dei santi, il rapporto Chiesa-Regno, la salvezza al di fuori della Chiesa visibile. L’autore mantiene una tensione tra l’esterno e l’interno, intrecciando la Chiesa al nucleo misterico e salvifico che, secondo la mentalità dell’epoca, rende con l’immagine del «corpo mistico». Questo è inteso in senso sociale, ma non trascura l’aspetto cristologico, richiamandosi all’idea di Tommaso d’Aquino del Cristo «capo» della Chiesa. Istituzione e realtà soprannaturale non sono identificati sic et simpliciter, anticipando così un altro punto caldo del Vaticano II, che culminerà nel celebre subsistit ine che, secondo le sue stesse parole del commento alla Lumen gentium, avrebbe fatto scrivere «fiumi di inchiostro».

Sorprende che questo saggio risolva in poche righe la questione del laicato, ovvero l’altro asse ecclesiologico del nostro autore. Lo si comprende col fatto che il testo privilegia la visione di insieme, che sfocerà nell’idea conciliare del «popolo di Dio». Al laicato Philips ha comunque dedicato i suoi sforzi maggiori, forte della sua attiva esperienza e di un concetto di Chiesa proiettato verso l’uscita dall’isolamento gerarchico. Lo speciale interesse spiega la sua elezione a redattore del capitolo VI (De laicis) del primo schema conciliare sulla Chiesa. È «l’ora dei laici» scrive nel libro più noto sull’argomento, «oggi costatiamo in molti laici una nuova curiosità per le realtà misteriose e per la vita profonda della Chiesa. Per parecchio tempo essi si sono considerati come soggetti passivi dell’autorità ecclesiastica. Adesso, invece, il loro torpore scompare per lasciare il posto a una partecipazione attiva: si sentono membri vivi di una comunità di salvezza»4.

Il testo è meno speculativo e analitico dell’altro coevo e certamente più famoso di Yves Congar5, ma lo scopo è lo stesso: liberare la Chiesa dall’immobilismo istituzionale e spingerla a riscoprire le proprie periferie. I laici non sono cristiani di seconda fascia ma, a seguito del battesimo e della confermazione, Chiesa a pieno diritto. Essi sono però anche dei cittadini, e come tali non devono vivere la propria vocazione alla maniera dei monaci, uscendo dal rumore delle responsabilità temporali, bensì impegnandosi nella diverse realtà terrene. In politica, la situazione nuova del mondo impedisce di aspettarsi le soluzioni dalla gerarchia ecclesiastica, e non ci si deve servire della Chiesa come di una copertura. Per tutto questo occorrono un’adeguata conoscenza del proprio tempo e la formazione. Con molta probabilità si deve a Philips il neologismo di «cristianesimo adulto», che fada titolo a uno dei suoi lavori meglio riusciti. Benché la lettura dei tempi appaia fiduciosa, la validità del principio di adaptation(aux exigences du temps) è indiscutibile: occorre riformarsi e «vedere nei nuovi fenomeni non dei tentativi di distruzione, bensì la manifestazione di una crescita incompiuta verso l’età cristiana adulta»6.

Nel campo della pneumatologia, l’azione dello Spirito Santo è vista attraverso il rinnovamento, la valorizzazione dell’elemento carismatico (di cui l’autore denuncia una insufficiente collocazione ecclesiologica) e la dialettica tra istituzione e avvenimento7. In mariologia, invece, è nota l’alacre attività di Philips sul capitolo VIII della Lumen gentium, composto attraverso un epocale braccio di ferro con il padre Bali8. Il mistero di Maria si estende nell’intero arco della storia della salvezza; inoltre esso non va compreso solo dal lato del Cristo, bensì della Chiesa.

Il cosiddetto «schema belga»

Al Concilio Vaticano II Gérard Philips giunse con la nomina ufficiale di perito, ma il 2 dicembre 1963 fu eletto segretario aggiunto della Commissione teologica accanto al padre Sebastian Tromp. Un momento cruciale della storia conciliare fu la bocciatura dello schema ufficiale sulla Chiesa, che determinò la ricerca di un testo sostitutivo come base per la discussione. Le scelte non mancarono e fu nominata una sottocommissione per la loro valutazione. Alla fine prevalse il cosiddetto «schema belga» ideato da Philips e sostenuto dal cardinale Leo Suenens. Composto inizialmente di quattro capitoli, esso fu preferito per l’abilità a mediare tra l’antico e il nuovo, la capacità sintetica e la linearità dell’esposizione. Da questo momento Philips assume un ruolo chiave e Jan Grootaers lo definisce il perno (cheville ouvrière) della riorganizzazione conciliare a partire dal 19639. Giuseppe Ruggieri lo descrive, invece, come il tessitore della Lumen gentium, dando questa istantanea: «Philips continua a tessere la sua tela stabilendo rapporti preziosi per formare un consenso, mentre è il cardinal Suenens che si preoccupa dell’iter procedurale»10. Non fu solo un lavoro di controllo, ma di estensione di intere parti. Di lui i cronisti rilevano però lo stile discreto, rispettoso del fatto che a fare il Concilio dovevano essere i vescovi, e forse per questo molti non si sono nemmeno accorti di quanto la Lumen gentium debba a Gérard Philips. La sua possibilità di lavorare in più commissioni, incarico che fu dato solo a pochi altri teologi, gli permise di contribuire anche alla stesura della Dei verbum e della Gaudium et spes. La sua capacità fu di intuire le difficoltà di un passaggio, che doveva portare la Chiesa da sentirsi una cittadella assediata a una realtà trasformatrice della storia. La volontà di unire tradizione e innovazione, insieme a una personale affinità per la virtù conciliatrice, qualità per niente semplice perché è più facile procedere per vie estreme, lo portò sempre a cercare un punto di incontro. Ma non mollò la presa lì dove riteneva che non si trattava di sostenere un’idea, bensì di assecondare il discernimento. A Concilio concluso, Philips intensificherà questa sua attitudine, quando, pur debilitato per motivi di salute, non mancherà di prendere posizione sui conflitti della recezione: difendendo il «testo» o lo «spirito» contro gli esagerati sostenitori dell’uno o dell’altro, e formulando l’auspicio che le due tendenze teologiche ne doivent donc pas se combattre mais se rejoindre en se purifiant deleur déficiences respectives et en élargissant leur horizon11.

La Chiesa e il suo mistero

Il ripetuto rimando al grande commento porta a dire qualcosa suquesto “classico” della letteratura teologica, che resta l’operapostconciliare più importante del nostro autore, e anche quellache l’ha fatto conoscere al grande pubblico12. Il saggio è un’esegesiautorevole della Lumen gentium, scandagliata articolo per articolo, esposta nei suoi sviluppi tematici e ricapitolata in un plan d’ensemble. Carlo Colombo l’apprezzava al punto da scrivere che «a quest’opera dovrà rifarsi chiunque voglia avere una conoscenza oggettiva della costituzione Lumen gentium»13. Nell’introduzione l’autore difende la tesi ecclesiologica del Vaticano II, espone le due fasi del suo procedimento (genesi e commento), e dichiara la propria chiave ermeneutica, che è di capire il testo senza l’aggiunta di elementi personali. Il commento si rivela un utile strumento di lavoro, e serve anche alla biografia teologica dell’autore, che trova temi familiari, come la natura misterica e storica della Chiesa, e altri sui quali non si era soffermato nel periodo preconciliare, come la collegialità, che definisce «il progresso teologico più importante compiuto dal concilio». L’appendice dà importanti precisazioni sulla qualifica teologica della Lumen gentium, sulla nota esplicativa praevia, dove pure gli si riconosce un ruolo particolare, e un utile elenco di riflessioniche fondano lo “spirito” della Costituzione: il ritorno alle fonti (cardine del metodo), la sintesi centrata sul mistero (elemento fondamentale), la dimensione storica (confluita nella scelta del «popolo di Dio»), l’aspetto comunitario (contro le ipertrofie delle strutture), il personalismo (coinvolgimento adulto dellafede), l’apertura agli altri (espansione missionaria), il dinamismo(tra fedeltà e cambiamento).Antenna sensibile del movimento ecclesiale del XX secolo,Gérard Philips è stato l’uomo della provvidenza che ha permessola redazione della Lumen gentium. Ed è così che sarà ricordato. Ilsuo proverbiale equilibrio gli consentì di mettere in contattoforze opposte che rischiarono la frattura. Schivo ai riconoscimenti,e testimone di una teologia ascetica, non si è mai vantatodel suo contributo, convinto che il lavoro del teologo è di fareonestamente il proprio mestiere.

***

Antologia

I nostri rapporti con Dio sono a un tempo i più individuali e i più comunitari che si possano immaginare. Dio vede ogni uomo vivere di un’esistenza che gli è propria; per altro, mai, allo sguardo del suo Creatore, l’uomo è isolato, ma è costantemente unito

a tutti gli altri figli di Dio, fratelli e sorelle del solo Figlio perfetto, Gesù Cristo, fratelli e sorelle il cui numero è incalcolabile e le cui personalità variano all’infinito. Se tale è la nostra posizione di fronte a Dio, se, dinanzi a Lui, siamo soli e, nonostante, in gruppo, è normale che la nostra vita terrena presenti lo stesso carattere individuale e comunitario [...]. Perciò lo studio delle nostre relazioni con gli altri uomini è un mezzo per meglio comprendere quali devono essere i nostri rapporti con Dio. Solo dopo aver guardato un raggio luminoso, cerchiamo di conoscerne la sorgente. Dall’intelligenza della vita sociale, la Sapienza infinita ciconduce alla conoscenza della Chiesa: se siamo più coscienti di ciò che ci unisce ai nostri fratelli umani, comprenderemo più facilmente il significato della Chiesa; che altro non è se non «la religione praticata e vissuta in comune»

(La Santa Chiesa cattolica, p. 10).

Il campo politico si definisce come un’arena. Vi regna un’atmosfera di lotta spesso appassionata e la prima reazione del credente è, più di una volta, di allontanarsene, pensa di perdervi la sua serenità. Tale istintiva avversione non è fondata [...]. Si tratta infatti, del bene della comunità, che forma una società perfetta e indipendente nel suo ordine e che regge gli atti e le relazioni ditutti i cittadini in vista di un’armoniosa cooperazione [...]. L’indifferenza sarebbe uno sbaglio e un peccato; nessuno può lusingarsi di esercitare a distanza un influsso efficace. Purtroppo certi cattolici sono affetti da un complesso di diffidenza.

(I laicinella Chiesa, pp. 212-214).

Chiamiamo «adulto» l’uomo che ha una propria personalità, che gode di uno sviluppo sufficiente per impegnarsi responsabilmente, che è capace di assumersi la parte di lavoro che incombe sull’umanità. Ciò implica un equilibrio di forze ben consolidate e un giudizio sano e consapevole. L’adulto coopera per la sua parte alla trasmissione della vita e al benessere umano, sia nella dimensione sociale che storica. I minori non potrebbero garantire un produttività di questo tipo. Alcuni, di cui l’atto di nascita e il certificato di battesimo attestano la maggiore età, restano bambini, perché non producono nulla e mantengono una mentalità infantile. L’adulto assume le sue responsabilità nella società. Il suo lavoro rende un servizio per ciò che lo circonda, e i frutti della sua applicazione aumentano le ricchezze che la generazione di oggi trasmette a quella di domani. Per realizzare questo programma, ogni uomo deve acquisire una certa maturità, non solo fisica, ma anche nell’ordine dello spirito, del giudizio e del sentimento. Per portare il cristiano verso questa età adulta nella fede, la Chiesa ha un sacramento speciale: la confermazione.

(Pour unchristianisme adulte, p. 27).

Nessuno contesterà che la Costituzione del Vaticano II sulla Chiesa sia da considerare come la pietra angolare di tutti i decreti pubblicati [...]. Per il Vaticano II all’ordine del giorno c’è il problema della Chiesa [...]. Non si poteva più trascurare i laici. Ridurre l’ecclesiologia allo studio della gerarchia significherebbe mutilare la Rivelazione; inoltre – ciò che è più grave – una tale prospettiva renderebbe incomprensibile la dottrina dell’autorità. Perché la Chiesa non esiste né per il Papa né per i vescovi: i pastori hanno la loro ragion d’essere nella Chiesa e per la Chiesa. Gli ultimi decenni hanno visto svilupparsi nei fedeli un senso più intenso di appartenenza alla Chiesa, dovuto senza dubbio all’Azione Cattolica. Malgrado le molte imperfezioni del movimento, sarebbe ingiusto contestargli questo merito, esso ha effettivamente contribuito a sviluppare nei laici lo spirito di apostolato e il loro impegno nei campi profani [...]. L’evento [delConcilio] è ancora troppo vicino perché possiamo misurarneesattamente l’importanza religiosa. Sino a ieri si accusava la Chiesa romana di lentezza e persino di immobilismo. Il concilio di Trento arrivò troppo tardi per arginare le devastazioni della Riforma; la crisi precedeva il concilio. Questa volta avviene pressoché l’inverso; il concilio precede la crisi e lo choc è così forte che molti credenti ne sono turbati, non facendo alcuna distinzione tra i principi permanenti e le loro applicazioni alle nuove situazioni.

(La Chiesa e il suo mistero, pp. 11-13).

Note

1  Per l’approfondimento ricordo soprattutto il volume celebrativo Ecclesia a Spiritu Sancto edocta (Lumen gentium 53). Mélanges théologiques. Hommage à Mgr. Gérard Philips,Duculot, Gembloux 1970. Vi sono inseriti gli studi di J. Coppens, Monseigneur Gérard Philips. Sa carrière et son oeuvre, pp. XI-XVI, e di J. Grootaers, Le rôle de Mgr. Philips à Vatican II. Quelques réflexions pour contribuer à l’étude du dernier Concile, pp. 343-381(il secondo è esauriente sul contributo conciliare di Philips, definito «homo conciliaris»).Lo stesso volume  ospita una accurata bibliografia del professore belga. In occasionedella morte c’è il ricordo di J. Coppens, Mgr. Gérard Philips. In memoriam, inEphemerides theologicae lovanienses n. 48 (1972) pp. 319-332.

2  G. Philips, La Sainte Trinité dans la vie du chrétien, La Pensée catholique, Liège 1949. Si può collocare Philips tra i precursori del «rinvenimento trinitario» della teologia. La grazia non va cosificata, è la comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Testo più rigoroso è: L’union personnelle avec le Dieu vivant. Essai sur l’origine et le sens de lagrâce crée, University Press, Leuven 1989 (prima edizione 1974).

3  Prefazione a G. Philips, La Santa Chiesa cattolica, Marietti Torino 1949, p. 6 [ed. originale La Sainte Église catholique, Casterman, Tournai-Paris 1947].

4  G. Philips, I laici nella Chiesa, Vita e Pensiero, Milano 1956, 4 [ed. originale Le rôle du laïcat dans l’Église, Casterman, Tournai-Paris 1954]. Il testo sviluppa anche temi ecclesiologici,che mostrano una maturazione rispetto ad alcune posizioni del libro citato allanota precedente. Sulla teologia del laicato di Philips cfr. E. Zanetti, La nozione di laico nel dibattito pre-conciliare. Alle radici di una svolta significativa e problematica, PUG, Roma1998, pp. 129-167.

5  Y. Congar, Jalons pour une théologie du laïcat, Cerf, Paris 1953 (Per una teologia del laicato, Morcelliana, Brescia 1967). La traduzione ritardata di questo saggio fa capire lasituazione particolare del teologo domenicano, a suo tempo considerato meno “centrista”di Philips.

6 G. Philips, Pour un christianisme adulte, Casterman, Tournai-Paris 19632, 9 [Il libro è stato tradotto in italiano con il titolo riduttivo di Laicato adulto, Sales, Roma 1965].
 
7 La presenza della pneumatologia nell’opera di Philips è attestata da una tesi dottorale: C. Gérard, Le Saint-Esprit et ses oeuvres dans la pensée de Gérard Philips, USC, Roma 1995.
 
8 Cf. C. Antonelli, Le rôle de Mgr. Gérard Philips dans la rédaction du chapitre VIII de “Lumen gentium”, UCL, Louvain-la Neuve 1991 [riproposto in «Marianum» n. 55/1993, pp. 17-97].
 
9 J. Grootaers, Le rôle de Mgr. G. Philips à Vatican II, op. cit., p. 345.
 
10 G. Ruggieri, Il difficile abbandono dell’ecclesiologia controversista, in G. Alberigo (dir.), Storia del Concilio Vaticano II, vol. 2, Il Mulino, Bologna 1996, p. 312.
 
11 G. Philips, Deux tendances dans la théologie contemporaine. En marge du IIe Concile du Vatican, in «Nouvelle revue théologique», n. 85 (1963), pp. 225-238 (la citazione è alla pagina finale).
 
12 Id., La Chiesa e il suo mistero. Storia, testo e commento della “Lumen gentium”, Jaca Book, Milano 21982 [originale pubblicato da Desclée, Paris 1967-1968]. Forte delle sue ben 642 pagine, l’opera si presenta monumentale.
 
13 C. Colombo, Ricordo di Mons. Gérard Philips, in «L’Osservatore Romano», 14-15 agosto 1972, p. 5.