L’alba di un mondo condiviso

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Ci sono diverse credenze popolari che attribuiscono un ruolo premonitore ai sogni che vengono fatti all’alba. Quando le prime luci del mattino dipingono nel cielo quelle tonalità più calde che avvisano dell’arrivo del sole, pare che la mente suggerisca visioni che anticipano ciò che deve ancora venire. Il sogno è una suggestione che da sempre ha offerto spunti straordinari e fecondi a molti artisti: dalle nostalgiche melodie dell’infanzia che prendono vita nelle note dei Träumerei (“sogno”) di Robert Schumann, che li raccoglie nella deliziosa Kinderszenen (“scene infantili”) ai capolavori pittorici di René Magritte, ispirato dal suo “illusionismo onirico”. Sognare è un’attività tipicamente umana, che dilata la coscienza immersa nel tempo attraverso interlocuzioni autenticamente spirituali liberate dal tempo stesso. Sono ben noti i sogni di figure bibliche come Giuseppe che, proprio attraverso di essi, riceve messaggi e messaggeri che lo guidano nell’accogliere e mettere in pratica la volontà del Signore. Sognano però anche gli israeliti liberati dalla schiavitù nel “canto dei pellegrini” (Sal 126,1): «Quando il Signore fece tornare i reduci di Sion, ci sembrava di sognare». «Il nostro Dio non è inerte, il nostro Dio, mi permetto una parola, è un sognatore: sogna la trasformazione del mondo, e l’ha realizzata nel mistero della risurrezione».
Siamo convinti che il tempo che stiamo vivendo è paragonabile all’arrivo, sempre carico di incertezza e inquietudine, dell’alba. Registriamo un’alacre energia espressa ad ogni livello della vita civile e politica, che fa seguito al vivo desiderio di affrontare e superare i problemi determinati dalla diffusione della pandemia ma anche le limitazioni nella riorganizzazione della vita sociale ispirate dal distanziamento e dal controllo imposto dalle autorità sanitarie.
I sentimenti popolari diffusi si alternano e si dividono tra il desiderio di tornare a vivere liberamente, senza cedere nulla di ciò che viene avvertito come “proprio”, e la necessità di fruire di garanzie che valgono nella misura in cui siano frutto di un rispetto condiviso di norme e pratiche di vita. Il dibattito estivo sul “certificato verde”, necessario per il ritorno a una rinnovata ordinarietà degli spazi di socializzazione pubblici, con particolare attenzione per quelli formali, ha tanto appassionato il nostro paese in cui, nonostante tutto, si è riusciti a recuperare nei mesi scorsi un certo clima di spensieratezza e rilassamento. Forse anche a motivo dei traguardi e dei successi sportivi, che ci hanno permesso non solo di assaporare il gusto di una vittoria ma anche di godere del grande messaggio di speranza espresso dai gesti significativi di cooperazione e fratellanza mostrati dagli atleti. Non ci basta semplicemente ritornare a “vincere” ognuno la propria medaglia, a massimizzare una personale utilità, ma abbiamo bisogno di farlo tutti insieme e guardando più avanti e più lontano.
Vogliamo davvero sognare un mondo nuovo e più aperto, in cui il bene di tutti – nessuno escluso – sta a cuore a ciascuno. L’auspicio è che tale consapevolezza alimenti una solidarietà concreta e quotidiana, che parta dalla considerazione che i beni e le risorse, persino quelli acquisiti con la fatica dell’onesto lavoro o con la lungimirante valorizzazione del risparmio, devono essere condivisi perché nessuno abbia a reclamare il necessario per vivere.
Ci appare ancora luminoso il grande sogno di Giorgio La Pira di una pace generata dall’abbraccio non solo ideale dell’unica famiglia umana, che vede nel Mediterraneo “un detonatore” di dialogo e di inclusività: ciò che sta avvenendo in Afghanistan suggerisce proprio la necessità di ripensare in modo fraterno le forme e gli strumenti del dialogo e della cooperazione internazionale e di promuovere occasioni di colloquio e confronto a tutti i livelli della vita sociale. Riconosciamo, in tale senso, il segno di grande speranza e profezia rappresentato dalle reti di solidarietà e di incoraggiamento che sta maturando, anche in Italia, verso le donne e le famiglie afghane: dalle donne in particolare apprendiamo un’importante provocazione a ripensare lo stile e l’orizzonte delle relazioni internazionali e delle pratiche di cooperazione che si diffondono soprattutto attraverso l’accesso all’istruzione, alla libera informazione e alla ricerca. Intuiamo che sullo sfondo dei conflitti mai sopiti e delle tensioni che abitano in particolare il Sud del mondo prende forma e consistenza una ricomposizione geopolitica che rischia di rafforzare lo «scontro tra capitalismi» di cui parla Milanovic.
Per questo il sogno e la visione della transizione verso un nuovo modello di sviluppo, sostenibile a livello ambientale ed energetico, giusto e inclusivo dal punto di vista sociale, tecnologico e produttivo, è una sfida alla quale nessuno può sottrarsi.
È soprattutto questo il messaggio che viene dalla 49a Settimana Sociale di Taranto che ha inteso, in particolar modo, identificare percorsi e vie concrete per animare e promuovere l’impegno dei cattolici italiani, consapevoli di voler agire non da soli ma in una rinnovata “alleanza” con tutte le forze che nel paese si sentono spinte verso questa trasformazione.
Lo stile e la forma dell’alleanza possono aiutare a far emergere quel nuovo patto sociale che è necessario all’Italia, e all’Europa tutta, per affrontare in modo efficace la sfida della transizione ecologica. La qualità degli investimenti è indubbiamente condizionata dall’efficienza dei meccanismi di spesa e dalla tempestività delle realizzazioni e dei controlli. Ma la trasformazione ecologica, schiacciata e ridotta nella sola dimensione produttiva e finanziaria, rischia di perdere la forza propulsiva descritta nelle tre priorità trasversali e nelle sei missioni in cui si articola lo strumento che ne rappresenta la piattaforma strategica e politica: il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tale strumento esprime e richiama, a un tempo, concretezza e visione, possibilità e rischio, obiettivi e vincoli.
Sarà pertanto necessario impegnarsi a fondo in questa alleanza, per sostenere un deciso cambiamento di rotta delle politiche, servizio di una profonda trasformazione della vita sociale nella prospettiva di un futuro più giusto e inclusivo.
La politica dovrà recuperare terreno sull’economia e sulla finanza, come strumenti per il raggiungimento della “pubblica prosperità”, evitando un disallineamento tra ciò che A.O. Hirshmann aveva definito la felicità privata e quella pubblica. La politica sarà migliore se migliori saranno anche l’economia e la finanza. E queste ultime potranno esserlo se recupereranno la loro radice di strumenti a servizio della pace tra i popoli e del “ben-vivere” delle persone.
Continuiamo a coltivare insieme questi sogni, rafforzando i legami tra le persone, le relazioni di reciprocità e la cura di luoghi generativi di vita comunitaria. La vita associativa si lascia sfidare da questo contesto di cambiamento sociale, che ci chiede di essere attraversato con rinnovata fiducia e speranza. Sebbene talvolta ci sentiamo anche noi oggi come i discepoli allora, all’interno di una terribile tempesta dagli esiti incerti, sappiamo che il Signore è con noi.
Il suo sonno è attivo ed efficace. Egli sogna un futuro migliore. La traversata ci incoraggia ad andare oltre, attraversando non solo la tempesta, ma forse e soprattutto lo smarrimento e l’angoscia che rischiano di dare al nostro movimento affannoso sulla barca la forma di figure cupe e sgomente, quasi inerti. È tempo di ritrovare il coraggio e l’audacia di porsi insieme domande che vanno in profondità e che ci rimettono in cammino, riscoprendo la gioia della vita comunitaria, per affrontare questa traversata custodendo l’alba nel cuore e negli sguardi.