La sinodalità nell'attività normativa della Chiesa

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Il contributo offre una sintesi essenziale dei principali interventi svolti al Convegno di Torino sulla sinodalità nell’attività normativa della Chiesa, ove il tema, al centro dell’azione riformatrice di papa Francesco, è stato esaminato sotto il profilo storico e nelle sue implicazioni teologiche e canonistiche.

Nei giorni 3-5 ottobre 2022 si è svolto a Torino, promosso dall’Adec (Associazione dei docenti universitari di diritto ecclesiastico), un interessante convegno nazionale su “La sinodalità nell’attività normativa della Chiesa. Il contributo della scienza canonistica alla formazione di proposte di legge”. Il tema è, come noto, al centro dell’azione riformatrice di papa Francesco, che vede nella sinodalità una «dimensione costitutiva della Chiesa», facendone il principio ispiratore della riforma del Sinodo dei Vescovi (cost. ap. Episcopalis communio, 2018) mediante l’introduzione, nella fase preparatoria dell’assemblea sinodale, di una «consultazione del Popolo di Dio» da svolgersi nelle Chiese particolari. D’altra parte quello di sinodalità è un concetto che, sia in alcuni interventi del pontefice, sia nel documento della Commissione Teologica Internazionale (2018), assume un contenuto assai più ampio come «espressione dell’ecclesiologia di comunione». L’idea di fondo è quella di una circolarità, fondata sul sensus fidei della universitas fidelium, che dovrebbe connotare i processi decisionali nella Chiesa, ma i suoi esatti confini restano fluidi nel dibattito teologico e ancor più le sue implicazioni sul piano canonistico e della riforma delle strutture ecclesiali, sulle quali il convegno si è in particolare soffermato.

La sinodalità tra sviluppo storico e riflessione teologica

La relazione introduttiva, affidata al card. Péter Erdo´´, primate d’Ungheria e insigne canonista, ha offerto una stimolante ricostruzione del percorso storico del concetto di sinodalità come espressione recente con la quale si tende a considerare e a valorizzare la partecipazione dei fedeli al governo della Chiesa, ai suoi vari livelli istituzionali, individuandone l’origine nella nozione di “consensus”, prima nel diritto romano (Cicerone) poi in quello canonico (Decretum di Graziano, XII sec.: «quod omnes tangit ab omnibus tractari et approbari debet»). Il tema si incrociò all’epoca con le dottrine conciliariste, poi superate nel Concilio di Basilea (Niccolò Cusano, fine XV sec.). In conclusione, premesso che la sinodalità non va confusa con la collegialità episcopale né con la democrazia, che esprime una forma di governo politico estranea al fondamento divino della Chiesa, secondo Erdo´´ «sono possibili numerose forme della partecipazione di tutti i fedeli nel funzionamento istituzionale e nell’attività, efficace anche nell’ordine della grazia, della Chiesa». Queste forme mutano in modo dinamico secondo le situazioni storiche, le condizioni di comprensione e quelle psicologiche. «È un carisma dei successori degli apostoli, ricevuto nell’ordinazione di dover ponderare e di dover decidere le giuste forme e il valore teologico di queste manifestazioni». La relazione di mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e noto teologo, ha esordito richiamando una prima accezione di sinodalità emersa nella dottrina post-conciliare, ossia come «dimensione operativa» della communio, che esprime la collegialità episcopale, non la partecipazione dei laici e quindi la Chiesa locale. Il documento della CTI ha però superato questo approccio, intendendo la sinodalità come espressione del popolo di Dio, che coinvolge quindi in primis la Chiesa particolare. In sostanza essa, esprimendo il “camminare insieme” del popolo di Dio, individua i processi in cui si sviluppa la missione della Chiesa. In questa direzione è orientato l’attuale dibattito teologico, che vede la sinodalità come “circolo virtuoso” guidato dallo Spirito in cui si manifesta la “corresponsabilità di tutti” fondata sul comune battesimo, lasciando però sottotraccia la sua dimensione teologica. Essa infatti attua la presenza e il volto del Dio trinitario nella Chiesa, ponendo peraltro una serie di questioni: l’individuazione dei soggetti coinvolti nel processo sinodale («tutti, alcuni, uno», ossia il vescovo), in quanto l’esaurirsi del contesto di cristianità pone la questione dei criteri di appartenenza ecclesiale; il rapporto tra la comunità cristiana e la cultura contemporanea, che trasuda di individualismo influenzando anche la Chiesa, la quale deve quindi vigilare per salvaguardare la comunione ecclesiale; il ministero ordinato, episcopato e presbiterato, di cui non si deve avere una concezione monarchica. In conclusione la sinodalità non è un’invenzione della Chiesa attuale ma una sua dimensione costitutiva e la riflessione teologica dovrebbe richiamare tale suo fondamento per evitare una sua riduzione in termini meramente organizzativi e funzionali.

La sinodalità nel dibattito canonistico

La relazione, più tecnica e problematica, di Patrick Valdrini (Institut Catholique di Parigi, Università Lateranense di Roma), è partita dall’assunto che oggi per sinodalità si tende ad indicare «qualsiasi partecipazione al processo decisionale nella Chiesa su qualsiasi tematica», portando a una “inflazione” di questo termine. Nei due Codici vigenti di diritto canonico (CIC e CCEO) non se ne parla espressamente ma è un concetto che, nel magistero attuale, si esprimerebbe negli istituti di partecipazione dei fedeli al governo della Chiesa a vari livelli e nei raggruppamenti ecclesiali (conferenze episcopali). Esso esprime «una cultura diffusa di partecipazione» a vari livelli e in vari ambiti, e in questo senso ci si appella allo «spirito della sinodalità», su cui insiste papa Francesco. Esaminando l’incidenza di tale concetto nell’attività normativa, Valdrini ha distinto tre aspetti: a) quella della sinodalità come momento di formazione di una legge canonica da parte di un legislatore singolare (vescovo, pontefice), rilevando come questa non sia mai soggetta a procedure sinodali mentre sarebbe opportuno prevedere forme di coinvolgimento dei fedeli in questi ambiti; b) le istituzioni centrali sinodali non funzionerebbero correttamente, vi sarebbe uno squilibrio tra esercizio della potestà legislativa del papa e Sinodo dei Vescovi, espressione della sinodalità. Anche a livello locale vi sarebbe un simile squilibrio nelle forme di esercizio della potestà legislativa di tipo sinodale (concili locali), che rafforza il potere legislativo delle conferenze episcopali, prive di ogni coinvolgimento dei fedeli; c) da ultimo il sinodo diocesano, con a capo e unico legislatore il vescovo (can. 466 CIC) che lo convoca, è un’assemblea rappresentativa del popolo di Dio ove i suoi membri hanno solo voto consultivo. Carmen Peña García (Università Pontificia Comillas di Madrid, ha sottolineato nella procedura sinodale le implicazioni ecclesiologiche della Chiesa intesa come “popolo di Dio” e la radicale corresponsabilità dei fedeli nella missione della Chiesa al fine di contrastare ogni forma di clericalismo. Si tratta di un processo dinamico che rimette in cammino il popolo di Dio e che corrisponde a un diritto fondamentale del fedele, fondato sul battesimo (can. 212, § 2-3, CIC). In questa prospettiva va riguardata positivamente la valorizzazione della funzione consultiva assegnata al popolo di Dio nella procedura sinodale, che esprime però una visione forse un po’ paternalista della sinodalità. Carlo Fantappié (Università di Roma Tre), muovendo dall’immagine di una “Chiesa sinodale” in cui si esprime il moto riformatore di papa Francesco, si è soffermato sul ruolo e la responsabilità specifica della canonistica al riguardo. Dopo aver richiamato i cambiamenti storici intervenuti nei rapporti tra Chiesa, canonisti e università nel corso dei secoli e i problemi attuali del governo della Chiesa e del suo diritto, egli ha sottolineato la diversità di compiti della canonistica laica rispetto a quella pontificia, indicando alla prima quello di de-clericalizzare il diritto canonico e di rifondarlo su categorie epistemologiche adeguate, dando al suo insegnamento un taglio interculturale e comparatistico e contribuendo ad aprire l’esperienza giuridica della Chiesa (produzione, applicazione e interpretazione del diritto) ai fermenti del dibattito teologico e della canonistica contemporanea. Infine l’intervento di Pierluigi Consorti (Università di Pisa) è stato molto critico sull’attuale fase di sviluppo del diritto canonico, che non avrebbe più un suo ruolo e spazio nella Chiesa di Francesco. Quanto alla sinodalità, al di là della difficoltà di fornirne una definizione univoca, il diritto canonico vigente non conoscerebbe il processo sinodale ma solo il Sinodo dei Vescovi e il Sinodo diocesano, ove in entrambi i casi il potere decisionale spetta esclusivamente al pastore. Dopo aver elencato una serie di ostacoli allo sviluppo in senso partecipativo dell’ordinamento canonico e alcuni suoi punti critici, egli ha concluso sostenendo la prospettiva di un effettivo decentramento nello sviluppo del diritto canonico, che già sussisterebbe nella realtà globale della Chiesa senza essere però ancora riconosciuto ufficialmente.

Osservazioni conclusive

Il confronto a più voci su questi temi, alimentato anche da alcuni spazi di dibattito, è stato molto fecondo e costruttivo. Esso ha confermato, come osservato da Geraldina Boni (Università di Bologna), l’importanza di un dialogo costante tra auctoritas e ratio, tra pastori e riflessione canonistica come premessa per una procedura legislativa nella Chiesa da intendersi auspicabilmente come circolarità virtuosa, espressione di sinodalità ecclesiale.

PER APPROFONDIRE

W. Aymans, Sinodalità: forma di governo ordinaria o straordinaria nella Chiesa? (1992), in Id., Diritto canonico e comunione ecclesiale. Saggi in diritto canonico in prospettiva teologica, trad. it. a cura di R. Bertolino e L. Mangels Giannacchi, Giappichelli, Torino 1993, pp. 33-59.

Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 3 maggio 2018, in «Il Regno – Documenti», LXIII (2018), 11, pp. 329-356. F. Coccopalmerio, Sinodalità ecclesiale “a responsabilità limitata” o dal consultivo al deliberativo? A colloquio con padre Lorenzo Prezzi e nel ricordo del card. Carlo Maria Martini, Lev, Città del Vaticano 2021.

E. Corecco, voce Sinodalità, in Nuovo dizionario di teologia, a cura di G. Barbagli e S. Dianich, Edizioni Paoline, Alba 1977, pp. 1466-1495.

P. Erdö, La partecipazione sinodale al governo della Chiesa. Problemi circa gli organi sinodali con potere di governo (1998), in Id., Il diritto canonico tra salvezza e realtà sociale. Studi scelti in venticinque anni di docenza e pastorale, a cura di p. B. Esposito, o.p., Marcianum Press, Venezia 2021, pp. 321-343.

C. Fantappiè, Chiesa e sinodalità: per un confronto con Eugenio Corecco, in «Ephemerides Iuris Canonici», 2018, 58, pp. 461-478.

Francesco, cost. ap. Episcopalis communio sul Sinodo dei Vescovi, 15 settembre 2018.

Id., Discorso per la commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.