Le parole del Sinodo: “discernimento”

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“Sinodo” e “discernimento” sono due parole strettamente legate tra loro e si potrebbe dire che rappresentino rispettivamente lo stile e l’azione tipica di quei processi di incontro tra il Vangelo e la storia che i cristiani sono invitati a realizzare. La Chiesa nel suo complesso, ma più specificamente le comunità che vivono nei diversi contesti geografico-culturali hanno continuamente bisogno di leggere la realtà in cui sono immerse alla luce della Parola di Dio (discernimento) e hanno bisogno di farlo comunitariamente, coinvolgendo per quanto possibile tutti i battezzati (stile sinodale).

Il discernimento comunitario può essere considerato una azione tipica della comunità, nel senso che questa pratica non rappresenta una sorta di “problem-solving” occasionale, da attivare in momenti di particolare confusione, quanto piuttosto l’occasione costante o quantomeno ripetuta di incontro con il Signore e con la Parola, che egli affida intimamente a ciascuno per il bene di tutti: le sfide o i problemi di una comunità inducono a rallentare, a ritrovare interrogativi radicali e quindi a ricercare i tempi e i modi per disporsi a un ascolto di profondità, in una prospettiva corale e non solitaria.
I processi di discernimento comunitario, per non trasformarsi inavvertitamente in dibattiti dialettici tra maggioranze e minoranze, hanno dunque anzitutto bisogno di ospitare tempi generosi riservati proprio all’ascolto interiore, vissuto come un servizio verso la comunità raccolta: un servizio che consiste nel disporsi ad accogliere con liberalità in se stessi quel che lo Spirito vorrà suggerire, per poi condividerlo e vagliarlo insieme agli altri. Senza l’ascolto interiore personale, va sottolineato, non c’è discernimento comunitario: mancherebbe precisamente lo spazio perché la Parola del Signore possa prendere forma e trovare udienza.

In un percorso di discernimento in comunità ci sono poi modi diversi attraverso cui valorizzare la condivisione e consentire alle intuizioni più autentiche di emergere, di riordinarsi secondo priorità, di trovare anche maggiore dettaglio e concretezza. Lo stile sinodale promosso da Papa Francesco sta stimolando le Chiese locali e le diverse comunità cristiane a sperimentare metodologie che possano essere di aiuto in questi processi. Questi, lì dove vengono vissuti con disponibilità e curiosità, spesso consentono di avvertire anche un rinforzo dei legami comunitari. Il fatto di vivere una più profonda unità tra le persone, magari proprio quando si temeva di dividersi su questioni problematiche, rappresenta un dono che rivela l’azione dello Spirito: la presenza del Signore la si ritrova dunque sia nel dialogo interiore con Lui, sia nella maggiore comunicazione e prossimità che sperimentano le persone coinvolte.

Il discernimento comunitario, come è stato detto in occasione del convegno ecclesiale di Firenze, “indica la volontà di costituirsi come corpo non clericale e ancor meno sacrale, dove ogni battezzato, le famiglie, le diverse aggregazioni ecclesiali sono soggetto responsabile; dove tutti insieme cerchiamo di essere docili all’azione dello spirito” (CEI – In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, p. 45). È allora incoraggiante questo riconoscimento del discernimento come una azione ecclesiale continua, ordinaria, “tipica” insomma, attraverso cui si rigenera la Chiesa.
Si tratta di intuizioni (ritrovate) che, con pazienza, potrebbero aiutare a rinnovare proprio il rapporto tra il Vangelo e la storia, secondo il cuore di Dio.